La lingua nel CLIL va considerata su molteplici livelli.
Uno è quello dell'attenzione didattica che porta a tenere insieme, nella progettazione del percorso, tanto il progresso linguistico che quello disciplinare. Un possibile modo per farlo è quello di progettare le lezioni in un modo graduale dal punto di vista linguistico (magari utilizzando i suggerimenti di Cummins ribaditi dalla Coonan ovvero partire da compiti supportati da un "contesto" (supporti extra-verbali) forte con richieste cognitive basse e poi aumentando le richieste cognitive e riducendo il contesto in modo graduale fino ad arrivare a richieste cognitive elevate prive di contesto). Questo tipo di attenzione didattica consente di insegnare il contenuto attraverso la lingua straniera veicolare senza per questo tradire i contenuti o l'apprendimento della lingua.
Un altro livello, che per me è di assoluta importanza è il fatto che la lingua in qualche modo struttura il pensiero e pensare in un altra lingua significa vedere il mondo in maniera parzialmente diversa. La questione non è meramente di vocabolario ma di come i vocaboli si collegano tra loro e di come vengono costruite le frasi. Insomma l'uso di un linguaggio straniero comporta un benefico effetto di straniamento che attiva altre aree del cervello e porta ad una visione binoculare delle parole e dei loro significati (qui intendo che ad esempio se leggo dog mi viene in mente il cane e allo stesso tempo la parola cane italiana creando così un collegamento attraverso il signifcato e attivando diverse catene linguistiche e di vocaboli, nonchè diverse catene di caratteri con relative catene di pensieri diverse).Insomma studiare in un'altra lingua (o insegnare in un'altra lingua) o più semplicemente comunicare/esprimersi in un'altra lingua (fare languaging se vogliamo) comporta un arricchimento di orizzonti di significato attraverso ponti linguistici non prevedibili.Questa è una ricchezza non abbastanza sottolineata che da sola potrebbe giustificare il valore della metodologia CLIL.
Un altro livello, che per me è di assoluta importanza è il fatto che la lingua in qualche modo struttura il pensiero e pensare in un altra lingua significa vedere il mondo in maniera parzialmente diversa. La questione non è meramente di vocabolario ma di come i vocaboli si collegano tra loro e di come vengono costruite le frasi. Insomma l'uso di un linguaggio straniero comporta un benefico effetto di straniamento che attiva altre aree del cervello e porta ad una visione binoculare delle parole e dei loro significati (qui intendo che ad esempio se leggo dog mi viene in mente il cane e allo stesso tempo la parola cane italiana creando così un collegamento attraverso il signifcato e attivando diverse catene linguistiche e di vocaboli, nonchè diverse catene di caratteri con relative catene di pensieri diverse).Insomma studiare in un'altra lingua (o insegnare in un'altra lingua) o più semplicemente comunicare/esprimersi in un'altra lingua (fare languaging se vogliamo) comporta un arricchimento di orizzonti di significato attraverso ponti linguistici non prevedibili.Questa è una ricchezza non abbastanza sottolineata che da sola potrebbe giustificare il valore della metodologia CLIL.
Ancora c'è il valore meta-cognitivo del CLIL che da un lato costringe il docente a concentrarsi sulla necessità di farsi comprendere dai suoi studenti dall'altro costringe gli studenti a interrogarsi sull'effettiva comprensione di quel che stanno leggendo/ascoltando. Usare un'altra lingua per studiare qualcosa (e non per studiare quella lingua) costringe a riposizionarsi nelle proprie sicurezze espressive e sopratutto _forza_ una postura meta-cognitiva inducendo appunto la riflessione su quello che si sta apprendendo e comprendendo.
Possiamo cioè affermare che il CLIL non solo è Content and Language INTEGRATED Learning ma anche che attraverso questa integrazione si conduce naturalmente ad adottare una maggiore consapevolezza verso l'apprendimento e l'insegnamento, in qualche modo il CLIL è anche integrazione dell'insegnamento e apprendimento grazie all'uso del linguaggio straniero per sviluppare la comprensione di una disciplina non linguistica.
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